domenica 24 aprile 2016

EMOZIONI IN CORPO. Un'esperienza di libertà in gruppo



Bellissima esperienza di GRUPPO il 23 Aprile al seminario organizzato dall’Associazione Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara sulla Danza Movimento Terapia.

La dott.ssa Ivana Siena ha presentato la Psicologa e Danzaterapeuta dott.ssa Sabrina Agostinone nel seminario dal nome “EMOZIONI IN CORPO”.

Di seguito alcune foto.






Ciò che è emerso dalle parole della dott.ssa Agostinone ha avuto il sapore della passione per un’arte che si esprime su tantissimi livelli, il corpo, gli sguardi, la musica quindi il saper ascoltare, parlare danzando, ma anche l’ascolto del proprio corpo in contatto con un elemento fondamentale: il suolo... lo spazio, la terra. 



Di ascolto si è parlato anche quando la dimostrazione pratica ha portato i partecipanti ad incontrarsi tra loro, prima da bendati in movimenti casuali che facevano incontrare i loro corpi,
in seguito in un esercizio di coppia attraverso cui l’uno si è messo in “ascolto” del corpo dell’altro.  



 
Libertà, creatività e passione caratterizzano questa disciplina, la Danza Movimento Terapia, la quale non si sostituisce a nessun percorso psicologico o terapeutico, ma si accompagna eventualmente ad essi per completare un percorso di ricerca di se stessi, di accettazione di sé.
La sua capacità di sostenere il benessere attraverso la manifestazione delle emozioni era già nota in molte popolazioni primitive che attraverso i balli tradizionali mimavano i propri stati affettivi individuali o di gruppo.



Interessantissimi, infatti, i commenti dei partecipanti nella fase conclusiva dei lavori, che hanno trovato accordo unanime sul potere del gruppo nell’abbattere il naturale imbarazzo iniziale e sul permettere ad ognuno di sentirsene parte manifestando le proprie emozioni nella completa libertà di espressione.

Gruppi a Pescara

lunedì 11 aprile 2016

TERAPIA DI GRUPPO: IL VALORE DI UN'ESPERIENZA DIRETTA



La comunicazione tra un gruppo di persone assume quasi sempre una forma geometrica che la contraddistingue, il cerchio. Qualsiasi forma di comunicazione, come una chiacchierata con gli amici, un incontro di lavoro, dei ragazzini che devono decidere una strategia di gioco, un gruppo di supporto o una terapia di gruppo avviene in cerchio. 


Questa forma geometrica non è casuale, il cerchio infatti permette ad ogni individuo, partecipante al gruppo, di poter osservare il volto, la postura e le espressioni degli altri, fornendo ai partecipanti l’idea di unione, condivisione, quasi a voler sottoscrivere un patto non detto di alleanza e fedeltà a ciò che vi viene detto e che accade all’interno.
Tutti noi abbiamo partecipato almeno una volta nella nostra vita ad una conversazione di gruppo, in cui i partecipanti assumono una forma circolare, questa posizione, che spesso assumiamo naturalmente quando siamo in gruppo, è stata molto sfruttata nella terapia di gruppo.
La prima volta che partecipai ad una terapia di gruppo fu con famiglie di bambini con la sindrome di Down. Ricordo che ci fecero mettere proprio in cerchio, erano su per giù 15 famiglie e i bambini erano con gli scout al piano di sopra così da non disturbare i genitori. Tra quei genitori alcuni si vedevano per la prima volta, altri invece già si conoscevano e avevano già partecipato ad un esperienza del genere. La posizione che questi hanno assunto all’interno del cerchio è stata pressoché illuminante sotto questo punto di vista, perché aveva messo chiaramente in risalto i gruppi di persone che si conoscevano da quelli che si trovavano li per la prima volta.
Dopo un po' iniziò il gruppo vero e proprio, quello a cui stavamo partecipando era un gruppo di presentazione ad un settimana estiva per genitori di bambini con la sindrome di Down. Dopo un saluto iniziale il coordinatore del gruppo chiede ai partecipanti di presentarsi, ma in maniera particolare, questi infatti si presentavano non raccontando la propria storia, ma il loro essere genitori, la loro esperienza come genitori di un bambino con bisogni speciali.
Ad uno ad uno ogni genitore ha raccontato la propria storia, marito e moglie non la raccontavano insieme, ognuno aveva la propria esperienza da raccontare, il proprio vissuto, le proprie emozioni. All’interno di quel cerchio i partecipanti sembravano svincolati da ogni legame, adesso avevano, tutti, non solo la stessa posizione, all’interno del gruppo, ma anche lo stesso legame. Ognuno dei partecipanti era desideroso di condividere la propria esperienza, le proprie emozioni e i sentimenti provati, ma soprattutto di conoscere quelli dell’altro. 

Parlando poi con i singoli partecipanti ci è stato confermato che quei momenti di gruppo, che si svolgevano una volta al giorno per tutta la durata della vacanza, erano per loro fondamentali, attraverso quei momenti riuscivano a capire meglio i propri sentimenti, le proprie emozioni, nel gruppo avevano portato le loro paure, le loro gioie per i traguardi raggiunti, in quel gruppo avevano trovato conforto e comprensione. Alcuni genitori hanno affermato che quella settimana dava loro la giusta energia per affrontare un intero anno.
Mi sono posta così questa domanda: perché per l’uomo è così importante il gruppo? Che potere ha questo sulle persone, in che modo la condivisione delle esperienze aiuta la crescita e la cura personale?
Fin dall’antichità l’uomo per garantirsi la sopravvivenza ha deciso di vivere in gruppo, questo gli permetteva di assicurarsi cibo e protezione; ma il gruppo permetteva e permette tutt’oggi all’individuo di apprendere le norme di comportamento di sviluppare la propria personalità e di conoscere meglio se stessi. 


Il carattere, la coscienza e il comportamento si formano nelle relazioni che l’individuo istaura con le persone che lo circondano, con le quali si confronta e si scontra; questo gli permette di acquisire l’autonomia, l’indipendenza e la crescita personale. Secondo André Berg (1968) l’essere umano si sviluppa sotto l’azione di due forze contrapposte: una “individualizzante” e una “integrante”; la prima “tende a differenziare sempre più profondamente l’individuo, mentre l’altra tenderà ad integrarlo in un insieme ove l’individualità tende a svanire” (A. Berg, “le psicoterapie” 1968). All’interno del gruppo l’individuo può apprendere l’educazione, la socializzazione e acculturazione, fondamentali per la crescita culturale e sociale dell’individuo. Attraverso il gruppo l’individuo crea la propria identità, inizialmente nel gruppo famiglia, poi in quello dei coetanei e infine nel gruppo sociale di appartenenza; legami e relazioni con il gruppo sono fondamentali all’individuo per capire chi è. Per questo motivo quando parliamo di bisogno di relazione tra gli individui non possiamo fare a meno di parlare del bisogno di appartenenza al gruppo, ossia quel bisogno specifico di riconoscimento, di considerazione da parte degli altri e di scelta differenziale dell’altro come oggetto di relazione. Da questo bisogno scaturisce l’identità di gruppo che consente all’individuo di identificarsi in relazione a come egli appare agli altri, ma gli permette anche di differenziarsi, stabilendo i confini del proprio Io e degli altri; portandolo alla conoscenza del proprio Sé e degli altri.
Nasce così l’idea dei gruppi di terapia i quali hanno lo scopo di permettere alle persone di curarsi reciprocamente (Marsh, 1930). Freud (1920) ci dice infatti che “la psicologia individuale è al tempo stesso psicologia sociale”, è chiaro quindi che non si può considerare l’individuo seTERAnza il gruppo in cui è inserito.

Articolo ispirato dal libro: "La terapia di gruppo. Istruzioni per l'uso di gruppi di terapia." E. Giusti, A. D'Ascoli - Quaderni A.S.P.I.C.

Dott.ssa Chiara Giaquinta
Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara