mercoledì 16 dicembre 2015

Circle time: un nuovo modo di condividere!

Al giorno d’oggi gli insegnanti sono chiamati a fronteggiare situazione all’interno del gruppo classe non facili da gestire, poiché si confrontano spesso con difficoltà quali:
-     difficoltà di ascolto (gli alunni si distraggono o non rispettano i turni di parola);
-  gestione di alunni con comportamenti più o meno sintomatici (che esprimono, quindi, un bisogno di “farsi vedere” tanto dagli insegnanti quanto dai compagni);
- alunni poco partecipativi (che tentano di “passare inosservati” o di omologarsi).

Il modello di insegnamento frontale che pone al centro il docente e che offre a tutti gli alunni gli stessi stimoli è inefficace perchè non permette a ciascun alunno di essere coinvolto adeguatamente. Per tale ragione è opportuno utilizzare metodologie didattiche ed educative inclusive che favoriscano le competenze individuali, valorizzandone le risorse e le differenze di ciascuno. Una di queste è il Circle Time.

E’ un metodo di lavoro pensato per facilitare la comunicazione e la conoscenza reciproca all’interno di un gruppo. La scuola è il contesto ideale in cui può essere applicato perché:
-     consente agli alunni di conoscersi meglio, valorizzando le loro differenze e consente anche agli insegnanti di conoscere meglio il gruppo classe;
-     facilita l’inclusione;
-     può essere uno strumento di prevenzione e gestione della conflittualità.

Come si svolge?



Come illustrato nelle figure, gli alunni si dispongono per terra o sulle sedie in cerchio,lasciando spazio al centro, di modo che ciascuno possa essere visto e possa vedere gli altri, sotto la guida di un adulto. La comunicazione avviene attraverso regole stabilite all’inizio e finalizzate a promuovere l’ascolto attivo e la partecipazione di tutti. Il circle time ha una cadenza regolare e una durata fissa (75min circa).
All’interno del gruppo possono essere proposte delle attività strutturate guidate dall’insegnante oppure lasciata libertà di discussione (a seconda della fase del gruppo e delle specifiche esigenze della classe) su tematiche proposte dagli stessi alunni. All’interno del cerchio l’insegnante ricopre il ruolo di facilitatore della comunicazione, evitando di assumere posizioni centrali (per esempio fornendo soluzioni o risposte agli alunni). E’ importante che ci sia una programmazione, ossia che il gruppo docente senta questa attività come parte integrante della vita di classe: una strategia che può aiutare gli insegnanti a lavorare meglio è proprio l’organizzazione di spazi in cui condividere l’esperienza in corso che, quindi, diventerà un’opportunità per tutti. In questo contesto lo psicologo potrebbe apportare il suo specifico contributo, ossia nel ruolo di “coordinatore” degli insegnanti, senza frapporsi nel rapporto diretto tra docenti e alunni. 
L’obiettivo ultimo dell’uso del circle-time è facilitare la cooperazione fra tutti i membri del gruppo-classe, la creazione di uno spazio in cui ciascuno è incluso e chiamato a partecipare, sebbene con le proprie modalità e i propri tempi, in modo da soddisfare sia il proprio bisogno di appartenenza che di individualità, elementi che la psicologia riconosce come fondamentali per l’equilibrato sviluppo psichico della persona.

giovedì 3 dicembre 2015



BULLISMO OMOFOBICO: UNA NUOVA FORMA DI BULLISMO








Il bullismo omofobico è una nuova di bullismo diffusa negli ultimi anni  soprattutto nell’ambito scolastico.
E’ caratterizzata da atteggiamenti discriminatori nei confronti di adolescenti omosessuali. Tale fenomeno è particolarmente evidente all’interno dell’ambito scolastico, il quale contribuisce, insieme all’ambiente familiare, alla formazione dell’identità dell’adolescente. Per constatare e per indagare più nello specifico tale fenomeno, ho intrapreso un progetto sperimentale, al fine della tesi magistrale, che prevedesse la raccolta di dati attraverso la somministrazione di diversi questionari, volti a mettere in luce atteggiamenti tipici del bullismo, opinioni pregiudizievoli o meno relative al tema dell’omosessualità, funzionamento familiare e condotte morali. La ricerca ha coinvolto 165 studenti delle scuole secondarie della città di Chieti, i quali si sono mostrati collaborativi e partecipi ai fini del progetto sperimentale.
Da tale ricerca non è emerso un elevato pregiudizio nei confronti dell’omosessualità anche se, a mio parere potrebbe essersi verificato il fenomeno della “desiderabilità sociale”, cioè i ragazzi potrebbero aver dato risposte non del tutto sincere per rendersi desiderabili agli occhi dello sperimentatore. Ciò potrebbe essere accaduto in quanto i ragazzi, prima della somministrazione dei questionari, sono stati informati sul tema della ricerca. Sono emersi però due aspetti interessanti: l’omosessualità è ritenuta come qualcosa che l’individuo sceglie; l’omosessualità femminile viene maggiormente accettata perchè considerata, soprattutto dai maschi, come un atteggiamento più facilmente  tollerabile.
La non accettazione di questi atteggiamenti omosessuali maschili, si ripercuoterebbe anche negli atti discriminatori di cui i ragazzi fanno cenno all’interno dei questionari e si verificherebbe in larga misura soprattutto in una dimensione in cui tale fenomeno è difficile da contrastare: internet. Ciò fa scaturire  nei ragazzi un forte turbamento e una paura per non essere accettati per come sono. Questo rifiuto si manifesta fortemente anche all’interno dell’ambito familiare, dove la maggior parte di loro riferisce di riscontrare una difficoltà nella comunicazione con i propri genitori. Tale difficoltà provocherebbe nell’adolescente una chiusura a livello emotivo e un’insoddisfazione affettiva che potrebbe portarlo a ricercare affetto e comprensione al di fuori del contesto familiare.
La motivazione che mi ha spinto ad intraprendere tale ricerca è legata alla questione che gli adolescenti vengono spesso abbandonati a loro stessi laddove dovrebbero essere sostenuti ed indirizzati lungo un cammino di formazione verso l’individualità e la vita adulta. Per far ciò sarebbe opportuno creare una stretta alleanza tra scuola e famiglia e uno spazio di condivisione e di interazione che possa accrescere l’autostima dei ragazzi e rafforzare l’alleanza all’ interno del gruppo classe. Ascoltare i dubbi, le paure e le idee dei ragazzi aiuta loro ad emergere, a non isolarsi e a credere che nessun traguardo sia impossibile da raggiungere e che non si è mai da soli nell’affrontarlo. 


Dott.ssa Ortensia Posa 
Laureata alla Magistrale in Psicologia dello sviluppo presso l'Università G. D'annunzio Chieti-Pescara e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus. 

Prenditi il diritto di sorprenderti.


Milan Kundera

mercoledì 2 dicembre 2015

NESSUN UOMO E’ UN’ISOLA

Ogni giorno, nella vita privata ed in quella professionale,  abbiamo la conferma che siamo tutti collegati, che ogni singola persona fa parte di un gruppo, arrivando alla conclusione che davvero “nessun uomo è un isola”.
Quello che personalmente ho vissuto, e che sto tuttora vivendo, soprattutto grazie al mio percorso di tirocinio professionalizzante in Psicologia, mi spinge a riflettere sull’importanza terapeutica del gruppo. Nella struttura in cui svolgo il tirocinio infatti non sono sola, ma condivido il  tempo e lo spazio con altri quattro ragazzi.
La nascita di questo gruppo inizia con l’arrivo di queste persone sconosciute, ognuna con un “bagaglio” di idee, vissuti e paure, “costrette” a  far posto per la valigia dell’altro.
Non ci siamo scelti, probabilmente al di fuori di questa esperienza non ci saremmo mai conosciuti, ma in qualche modo, con il tempo e la supervisione dei nostri tutor, ci siamo trasformati, oggi non siamo più cinque estranei che condividono uno spazio, quello che vedo è più simile ad una macchina, in cui ogni pezzo è fondamentale affinché possa funzionare.
Lavoriamo insieme, ci confrontiamo, discutiamo, ognuno dà spazio e tempo agli altri, ognuno prova ad entrare nel mondo e nella visione dell’altro, sempre con sensibilità e rispetto.
Irving Yalom, uno psicoterapeuta statunitense, parla di “fattori terapeutici“ nella psicoterapia di gruppo, ovvero ci sono un insieme di elementi, presenti solo nel gruppo, che sono responsabili del cambiamento positivo delle persone. Approfondendo la questione in merito, mi sono resa conto che, anche se questo gruppo non ha scopi terapeutici, in parte riesce a rispecchiare le medesime funzioni.
Il gruppo infonde speranza, ci dà, ad ognuno di noi, la possibilità di affidarci all’altro, ci mostra che non siamo gli unici a soffrire o a vivere determinate situazioni. Ci permette, in una situazione protetta, di acquisire una maggior consapevolezza di noi stessi, di valutare l'impatto dei nostri comportamenti sugli altri, di stabilire relazioni interpersonali diverse e gratificanti, di sperimentare nuovi comportamenti e di utilizzare le capacità acquisite anche al di fuori del gruppo.
Sono enormemente grata a questo gruppo, alle sue dinamiche e alle sue potenzialità, sento che in me ha favorito un cambiamento, ogni persona conosciuta qui dentro mi ha permesso di scoprire altro di me, di rendere il mio “bagaglio” più capiente e allo stesso tempo ricco.
Il gruppo mi ha dato l’opportunità di affrontare i miei limiti e riconoscere le mie risorse, mi ha insegnato a saper stare con gli altri ed anche in perfetta solitudine, mi ha permesso di scegliere se essere un isola, distaccata dagli altri, o appartenere a qualcosa.

Dott.ssa Valentina D’Alessio

Laureata in Psicologia Clinica e della Salute e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus

giovedì 26 novembre 2015

IL FUTURO APPARTIENE A COLORO CHE CREDONO NELLA BELLEZZA DEI PROPRI SOGNI.

Eleanor Roosevelt


giovedì 19 novembre 2015

IN GRUPPO È MEGLIO


Le complicanze mediche dell’obesità grave devono essere affrontate in contesti sanitari specializzati. Ma a poco serve controllare diabete e sindrome dismetabolica se la terapia non comprende anche una ristrutturazione cognitivo comportamentale finalizzata alla modifica dello stile di vita.
Il mantenimento del peso perso a lungo termine, che è il vero obiettivo della terapia, è molto difficile, anche con approcci terapeutici molto invasivi. Gli studi controllati di Cristopher Fairnburn in Gran Bretagna e di Riccardo Dalle Grave in Italia dimostrano che i risultati migliori si ottengono con l’approccio cognitivo comportamentale, secondo un protocollo finalizzato alla modifica dello stile di vita.
Tutt’oggi sappiamo che questo protocollo è il massimo che possiamo fare per i nostri pazienti, anzi insieme ai nostri pazienti. Gli esiti sono positivi nel 60% dei casi con follow up 5 anni, solo se c’è stata modifica dello stile di vita, indipendentemente dal metodo usato per calare di peso, compresa la chirurgia bariatrica.

Una prospettiva fioriera di speranze per il trattamento dell’obesità è l’applicazione del modello cognitivo comportamentale in contesti terapeutici di gruppo, piuttosto che individuali.
In attesa di studi controllati, l’esperienza clinica induce a pensare che i vantaggi della terapia di gruppo superano di gran lunga difficoltà ed ostacoli. Vediamo.

VANTAGGI
Basso costo: consente l’accesso alla terapia anche a persone con basso reddito; spesso il drop out delle terapie individuali è causato dagli alti costi delle sedute.
Effetto di amplificazione: il gruppo potenzia i messaggi positivi e consente il confronto con esperienze ed emozioni vicine ed aumenta la possibilità di soluzioni comportamentali alternative.
Socialità: consente la condivisione di momenti difficili con persone che hanno gli stessi problemi, ma anche la partecipazione ai successi degli altri. Spesso l’obesità grave porta ad isolamento sociale e riduce lo spazio vitale della persona; uscire dalla chiusura produce effetti positivi a catena, anche se è possibile a volte un innalzamento del livello di ansia.
Supporto per la gestione delle emozioni; il gruppo diventa una piccola palestra nella quale sperimentarsi. Anche se la finalità del gruppo è essenzialmente comportamentale, cioè legata alla modifica dello stile di vita, un programma di questo genere comporta che il paziente affronti le emozioni che rendono difficile la “guarigione”.

SVANTAGGI
Difficoltà di tipo operativo: il gruppo ha rigidità di orario, è meno flessibile rispetto alle esigenze particolari dei singoli, si avvia quando si raggiunge un numero minimo di iscritti, quindi può capitare di dover aspettare del tempo prima di poter essere inseriti in un gruppo. Considerato che alcune persone, quando decidono di attivarsi sentono una specie di “urgenza”, può essere una difficoltà.
Alcune persone possono essere trattenute dal timore di non avere spazio sufficiente all’espressione in gruppo; per questo motivo, il modello che io adotto prevede anche la programmazione di colloqui individuali che consentano alle persone di avere lo spazio di ascolto di cui abbiano bisogno, secondo le necessità specifiche.

CONCLUSIONE
In considerazione del fatto che la terapia dell’obesità grave deve comunque prevedere il trattamento di tutti gli aspetti medici, nutrizionali, motori, psicologici ed emotivi, è opportuno proporre ai pazienti motivati un percorso di gruppo finalizzato alla modifica dello stile di vita. Nella mia esperienza, tale percorso deve avere le seguenti caratteristiche:
  • contesto emotivo accogliente;
  • finalità psico - educazionale;
  • contenitore degli ostacoli da superare;
  • valorizzazione e condivisione dei successi;
  • contratto terapeutico che riduca al minimo le possibilità di drop out.
Aggiungo anche che esperienze molto positive si hanno con piccoli gruppi familiari, coppie che affrontano insieme il percorso, con vantaggi notevoli per l’intero nucleo, anche per i membri (ad es. bambini ed adolescenti) che non frequentano personalmente gli incontri. Ovviamente questo è possibile quando l’obiettivo è prevalentemente comportamentale ed il contesto emotivo lo consente, cioè quando le relazioni familiari sono sufficientemente buone da poter prevedere la collaborazione tra le persone. 

(Lia Cama gennaio 2012)
FONTE:http://www.psicologiaobesitabulimia.it/in-gruppo-%C3%A8-meglio/

lunedì 2 novembre 2015

LA TERAPIA DI GRUPPO


Se in un primo momento la psicoterapia di gruppo è nata con l’intento di andare incontro alle esigenze economiche dei pazienti, in un tempo successivo si è osservato come il gruppo presenti delle peculiari caratteristiche che favoriscono lo sviluppo di relazioni, la nascita di legami identificativi, la creazione di una cultura comune e potenti meccanismi trasformativi. Più volte è stato sottolineato come il gruppo non è la semplice somma degli individui che lo compongono. Il gruppo è, infatti, contemporaneamente e paradossalmente, sia un intero o un contenitore, sia un fatto o un’esperienza. Ne consegue che i gruppi possiedono capacità curative che vanno ben oltre il superamento del senso di alienazione, dell’isolamento sociale e della possibilità di condividere il proprio disagio con altre persone.

Modelli di terapia di gruppo
In prima istanza è importante operare una prima distinzione tra gli interventi gruppali di tipo supportivo e gli interventi gruppali di tipo espressivo.
Rientrano nella prima categoria approcci volti all’accrescimento dell’autostima, delle abilità di problem solving, della gestione dello stress. Nella maggior parte dei casi in questi interventi, aventi in comune obiettivi informativi-educativi, i fruitori condividono una situazione problematica. I membri del gruppo, sono sollecitati dal leader, in un clima di accettazione, a esprimere liberamente le difficoltà, le paure, e le conseguenze connesse alla tematica. Esempi di gruppi supportivi sono: gruppi di arte-terapia, gruppi di gestione dello stress, gruppi di gestione dell’ansia e/o degli attacchi di panico, gruppi per il controllo della rabbia, gruppi per malati terminali, training di assertività, trainig di problem-solving, ecc. In tutti questi casi gli obiettivi che attraverso la psicoterapia di gruppo si vogliono raggiungere sono il sollievo dai sintomi e l’acquisizione di competenze. In sostanza, il successo di questo tipo di gruppi viene spesso valutato con la scomparsa o il miglioramento di una sintomatologia consistente, grazie all’apprendimento di nuove strategie fino a quel momento sconosciute. In genere i pazienti più adatti a partecipare a questo tipo di gruppo sono quelli che hanno difficoltà ad esprimere verbalmente le proprie emozioni e sentimenti, che interiorizzano i sentimenti in modo autodistruttivo e che hanno uno scarso senso dell’identità.
I gruppi con carattere espressivo-interpretativo sono uno valido strumento volto al cambiamento e alla crescita personale. Essi dunque operano principalmente nell’area intrapsichica che, a cascata, porta delle trasformazioni anche a livello interpersonale, sintomatico e di acquisizione di nuove competenze. Tra questa tipologia di gruppi, ricordiamo l’analisi gruppo, il modello Tavistock, la gruppoanalisi e i gruppi umanistici-esistenziali. Grazie ai feedback del terapeuta e degli altri partecipanti, ogni membro comincia a prendere maggiore consapevolezza di sé e delle proprie dinamiche ed, eventualmente, a cambiare ciò che merita di essere cambiato. Di fatto il personale e genuino modo di essere molto presto si presenterà nel gruppo, tanto che ogni individuo ripropone nel gruppo le stesse dinamiche interpersonali che caratterizzano la sua vita relazionale. Nel corso del gruppo il paziente apprende a considerare sia i commenti positivi che le critiche negative come feedback costruttivi al fine di assumere un comportamento più cooperativo.



Principali funzioni dei gruppi
A prescindere dall’orientamento di base del gruppo terapeutico, alcune funzioni sono presenti in ciascuna terapia di gruppo. Secondo Yalom, i fattori terapeutici generali validi per tutti gli approcci gruppali sono:
- universalità: il paziente trae beneficio dal rendersi conto che tutti i suoi sintomi possano essere condivisi;
- acquisizione di nuove informazioni: la pluralità che caratterizza il gruppo è fonte, inevitabilmente, di notizie e chiarimenti sui problemi condivisi;
- instillazione di speranza: il farsi coraggio vicendevolmente mobilità l’ottimismo tra i partecipanti e la sensazione di potercela fare;
- cambiamento del copione familiare: il gruppo consente la messa in scena, attraverso un delicato gioco di transfert e controtransfert, di vecchi drammi familiari, che con la presenza esperta del terapeuta possono essere rivisitati e cambiati al fine di raggiungere migliori livelli di benessere;
- altruismo: i partecipanti al gruppo sperimentano l’importante vissuto di essere non solo bisognosi ma anche competenti e in grado di soddisfare richieste altrui, attraverso le loro indicazioni o suggerimenti;
- sviluppo di tecniche di socializzazione: il gruppo svolge una fondamentale funzione di specchio. I partecipanti attraverso feedback e risposte aiutano e sono aiutati nell’acquisizione di una più accurata autopercezione. La nuova consapevolezza è alla base per un successivo cambiamento di interazione sociale;
- comportamento imitativo: ogni paziente ha la possibilità di osservare e prendere a modello gli aspetti positivi del comportamento degli altri partecipanti e del terapeuta;
- apprendimento interpersonale: ogni partecipante, per migliorare la propria patologia, deve attraversare diversi stadi. In primo luogo è indispensabile rendersi conto delle proprie modalità di interazione sociale e delle conseguenze che esse hanno sugli altri e su se stesso, quindi, deve modificare tali modalità, attraverso la sperimentazione, nel gruppo, di nuovi comportamenti e infine deve verificare se essi risultano effettivamente più adeguati e rispettosi per tutti;
- coesione di gruppo: i partecipanti sperimentano la sensazione che qualcosa di importante sta per avvenire all’interno di un contesto protetto e accogliente. La coesione di gruppo altro non è che la percezione dell’esistenza di un setting o un contenitore le cui “pareti” sono formate dai vari membri e dalla loro voglia di far parte del gruppo;
- catarsi: il contesto gruppale sviluppa la potenzialità liberatoria attraverso l’immedesimazione nell’altro e nelle sue problematiche;
- fattori esistenziali: non costituiscono di per se un fattore di cambiamento ma una consapevolezza necessaria affinché gli eventi avversi della vita possano essere vissuti con meno drammaticità. Essi comprendono la responsabilità, la solitudine, il senso dell’esistenza, la morte.

Qui di seguito viene presentato un modello di terapia di gruppo così come è applicato dall’ASPIC.
Le sedute di gruppo consistono in incontri periodici, di circa 15 persone, il cui scopo principale è l’espressione di sentimenti e vissuti in un ambiente protetto ed il raggiungimento della consapevolezza delle proprie dinamiche interne ed interpersonali. Si tratta di un gruppo di evoluzione e sviluppo personale dove ciascuno dei partecipanti ha la possibilità di effettuare un lavoro individuale in cui è assistito da un agevolatore e può utilizzare una o più componenti del gruppo in qualità di personaggi e/o figure della sua esistenza e/o della sua immaginazione. 
Alla base del buon funzionamento del gruppo vi sono delle regole, che consentono ad ognuno di rispettare la libertà degli altri:
La riservatezza e confidenzialità: non si deve parlare al di fuori di quanto accade nel gruppo. La discrezione darà la libertà necessaria per esprimersi liberamente;
L’astinenza da relazioni sessuali tra i componenti del gruppo: relazioni speciali esterne inibiscono a vicenda i partecipanti coinvolti;
Il non fumare: consente di utilizzare creativamente le motivazioni e le tensioni che portano all’atto sterile e dannoso del fumare;
Il tempo a disposizione fisso: fa si che ognuno utilizzi il gruppo lasciando spazio agli altri;
Esprimersi invece di dialogare: durante tutte le fasi dell’incontro di gruppo non è consentito dialogare con la persona che in quel momento ha la parola, anche quando si viene direttamente interpellati da essa.
Il basta davvero: è una formula convenzionale che, pronunziata da chi sta compiendo un’esplorazione in profondità, gli permette di interrompere il suo lavoro, richiamando il gruppo a sospendere e fermare del tutto ed immediatamente l’interazione in corso;
L’esclusione di osservatori occasionali: permette al gruppo, libero di interferenze esterne, di raggiungere progressivamente coesione, solidarietà, complicità ed intimità.


Ma la regola aurea di ogni gruppo di sviluppo, come nella vita, è che “Ciascuno riceve nella misura in cui dà”. Le assenze dal gruppo sono quindi sempre una rinuncia ad un’opportunità di lavoro per sé, ma anche un’irresponsabile sottrazione di energie e di confronti emotivi per gli altri partecipanti.
La seduta di gruppo ha una sua struttura e attraversa delle fasi che corrispondono alle fasi di precontatto (inizio), contatto (durante) e postcontatto (fine). Nella fase iniziale i membri del gruppo sono invitati a partecipare brevemente a turno del loro vissuto iniziale: sentimenti, aspettative e a prenotarsi eventualmente per un’esplorazione. Inizia quindi la fase del vero e proprio lavoro in gruppo. Chi si è prenotato per prima inizia a parlare. Durante questa esperienza individuale egli utilizza il gruppo per sé con l’aiuto dell’agevolatore. Infatti, uno o più membri del gruppo possono essere chiamati a partecipare al lavoro in qualità di personaggi e/o figure dell’esistenza e/o dell’immaginazione di chi sta lavorando. Essi, astenendosi dall’intervento, favoriscono l’esplorazione del partecipante. Al termine del lavoro l’agevolatore chiede a chi ha effettuato l’esplorazione se vuole ricevere un feedback da qualcuno. I membri del gruppo, chiamati a dare un feedback, esprimono le percezioni, i vissuti, gli immaginari, i sentimenti generati in loro dall’esperienza di esplorazione individuale a cui hanno assistito o partecipato. In questo modo la persona che ha lavorato rielabora la sua esplorazione, arricchendola e amplificandola attraverso l’altro. La nuova consapevolezza evidenzia come il soggetto produce ciò che lamenta e come mutare creativamente le future interazioni.


Per ulteriori approfondimenti
Yalom, Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, Boringhieri, 1997
Anzieu, Il gruppo e l’inconscio, Borla, 1986
Bion, Experiences in Groups, Basics Books, 1961
Carli, Paniccia e Lancia, Il gruppo in psicologia clinica, La Nuova Italia Scientifica, 1988
Correale, Neri, Contorni, Fattori terapeutici nei gruppi e nelle istituzioni, Borla, 1995
Neri, Esperienza di sé nel gruppo, Borla, 2000
Giusti, Cardini, Gruppi pluralistici, Sovera 1994


FONTE:http://www.benessere.com/psicologia/arg00/terapia_gruppo.htm

martedì 27 ottobre 2015


Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo.

Henri Ford

martedì 13 ottobre 2015

I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: COSA SONO E PER COSA SONO INDICATI

I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto sono un’ottima metodologia di trattamento utile per affrontare particolari situazioni di disagio.
I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto si svolgono secondo il seguente principio: “Tu solo ce la puoi fare, ma non ce la puoi fare da solo”. L’Auto Mutuo Aiuto, infatti, si basa sull’idea della mutualità, dello scambio reciproco di aiuto, dell’impegnarsi per se stessi e per l’altro, di un sostegno reciproco attivato fra persone che vivono una stessa situazione di vita.
I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto incarnano l’ideologia dell’empowerment individuale e sociale, ovvero quel processo attraverso il quale gli individui diventano attivi protagonisti della propria vita, esercitando su di essa il giusto controllo. Il processo di empowerment racchiude al suo interno fattori psicologici molto importanti che spaziano dall’incremento del senso di self-efficacy sino all’assunzione di responsabilità a favore del proprio processo di cambiamento. Risultati ultimi sono proprio: la valorizzazione di se stessi in quanto soggetti attivi; ed il riconoscimento dell’altro in quanto interlocutore degno di competenze e fiducia.

Ma quale definizione per i Gruppi di Auto Mutuo Aiuto?

In letteratura la definizione maggiormente conosciuta ed accettata è quella di Kats e Bender secondo i quali i gruppi di auto mutuo aiuto sono “Strutture di piccolo gruppo, a base volontaria, finalizzate al mutuo aiuto ed al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono di solito costituiti da pari che si uniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita, oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali e sociali. I gruppi di self-help enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale dei membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; tuttavia, altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche “causa”, proponendo una “ideologia” o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale”.

Quali le caratteristiche fondamentali dei Gruppi di Auto Mutuo Aiuto?

I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto sono caratterizzati dall’interazione faccia a faccia; e quindi dall’importanza del contatto diretto e della partecipazione personale, costante e condivisa tra i partecipanti. Questi ultimi, difatti, condividono particolari esperienze e con la propria partecipazione personale si impegnano per determinati scopi.

Quale è la funzione principale dei Gruppi di Auto Mutuo Aiuto?

La funzione principale dei Gruppi di Auto Mutuo Aiuto è quella di fornire aiuto e sostegno ai vari membri del gruppo in relazione al fronteggiamento delle loro situazioni problematiche ed al miglioramento delle loro competenze. La fonte di aiuto principale risiede, quindi, negli sforzi e nelle abilità dei vari membri posti in relazione paritaria. I membri vivono al contempo una duplice condizione: ricevono e offrono aiuto valorizzando quel tipo particolare di conoscenza che scaturisce dall’aver vissuto in prima persona la condizione problematica su stessi. Offrendo il loro aiuto agli altri si accresce la propria competenza interpersonale ed il senso della propria autoefficacia, ci si sente meno dipendenti e meno soli. Ricevendo aiuto dagli altri membri si è stimolati ad accrescere le proprie capacità di problem solving e di coping, in quanto si ha la possibilità di osservare le proprie situazioni problematiche da punti di vista differenti.

Perché i Gruppi di Auto Mutuo Aiuto sono efficaci?

I gruppi di Auto Mutuo Aiuto sono efficaci in quanto permettono al singolo membro di informarsi su ciò che più gli interessa in merito alla propria situazione problematica; consentono al singolo partecipante di apprendere un’alternativa modalità di fronteggiamento da altre persone, che fungono da modello in quanto  hanno vissuto esperienze simili; infine per l’ “aiutare gli altri”, quindi fornire agli altri sostegno emotivo ed attraverso il proprio comportamento pro sociale giungere ad una identità positiva e migliorare la propria autostima.

Per cosa sono indicati i Gruppi di Auto Mutuo Aiuto?

Gli ambiti di applicazione sono molteplici: dall’ansia alla depressione, dagli attacchi di panico alle patologie psichiatriche, dalle patologie fisiche alle situazioni di handicap ed ai gruppi per familiari di persone che vivono un disagio, dal vivere situazioni di vita particolari come per esempio il divorzio e la separazione, al mobbing ed all’elaborazione del lutto.

I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto, pur non essendo dei gruppi psicoterapeutici, rappresentano una valida metodologia di aiuto e supporto. Per le forme di disagio particolarmente gravi è indicato il seguire un gruppo di auto mutuo aiuto ma contemporaneamente intraprendere un percorso psicoterapeutico. Nel territorio ne sono presenti molteplici, sia condotti da operatori Esperti della Salute Mentale sia da Facilitatori pari inter pares.
Fonte:http://www.psicologicamenteok.com/psicologia-e-psicoterapia/i-gruppi-di-auto-mutuo-aiuto-cosa-sono-e-per-cosa-sono-indicati/

lunedì 7 settembre 2015

INIZIATIVE CHE FANNO CRESCERE


LABORATORIO ESPERENZIALE SUL GENOGRAMMA
 


SU COSA SI BASA IL LABORATORIO?

Il GENOGRAMMA è uno strumento grafico di rappresentazione della struttura (almeno)

tri-generazionale della famiglia, che ha lo scopo di mantenere traccia delle risultanze dell'indagine

psicodiagnostica relazionale e guidarla rispetto alle dinamiche emotive, di funzione e di relazione

che caratterizzano la specifica famiglia che si sta trattando in terapia.

Attraverso il Genogramma si scoprono i punti di forza e di debolezza dei membri della famiglia e

     dell'intero gruppo, conoscendone le ragioni evolutive di questi, conquistando così una buona base

     condivisa di conoscenza della propria storia per affrontare proficuamente le trasformazioni insite in      

     un buon percorso psicoterapeutico.

Questo strumento viene usato proficuamente anche da didatti esperti in sessioni formative, dove si utilizza con gli/le allievi/e allo scopo di:

consentire ad ognuno di essi una profonda conoscenza della propria storia evolutivo-relazionale, di

      individuare gli schemi inconsci ed automatici di relazione da cui si viene dominati, apprendere

      esperienzialmente l'uso dello strumento.


SCOPO DEL LABORATORIO

 Lo scopo di questo evento è creare un gruppo di lavoro attraverso il quale condividere un pezzo di sé attraverso l’impegno di tutti nel gruppo.

È un gruppo terapeutico che permette di raccogliere più informazioni sulla propria storia familiare e di ricostruire così il proprio copione di vita, segnalando quali modelli di funzionamento andrebbero eventualmente modificati perché non più idonei ai cambiamenti evolutivi che tutte le persone affrontano nell’arco della loro vita.

Entrare in contatto con questo strumento in prima persona permette di sperimentarne l’efficacia in un processo di crescita personale e/o professionale, il quale prende spunto dal passato per ricondurre la persona all’OGGI.

Che sia per fini di crescita personale o per scopi formativi, il Genogramma permette di fare collegamenti, porsi nuove domande e, eventualmente, dare delle risposte.

DESTINATARI


Il Laboratorio è rivolto a tutti coloro (di maggiore età) che desiderano porsi domande più rilevanti sul proprio passato, per capire meglio il presente.

È inoltre rivolto a chi vive un disagio relazionale, che sia di coppia o familiare, o anche nelle relazioni degli altri contesti della propria vita (lavorativo, amicale).

È rivolto anche agli operatori della salute psico-fisica che vogliano apprendere un nuovo strumento per completare il loro intervento professionale (assistenti sociali, infermieri, psicologi, medici, educatori).
 
 

MODALITA’

 Il laboratorio prevede un massimo di sette partecipanti, i quali avranno a disposizione un’ora ciascuno per lavorare graficamente ed emotivamente sui propri legami familiari.
Il gruppo dei partecipanti ed il conduttore daranno poi ad ognuno una restituzione verbale e simbolica del lavoro svolto.

 TEMPI E COSTI

 La giornata di laboratorio si svolgerà nella data del 03 Ottobre 2015, a partire dalle ore 10.00 fino alle ore 18.30, con una pausa pranzo di un’ora, qualora si raggiunga il numero massimo di iscritti.
 
La sede del laboratorio è a Pescara, via N. Fabrizi, 60

Il costo per ogni partecipante è di € 70,00.

 

 

 

 

Per maggiori info:
dott.ssa Ivana Siena
391.35.19.017 – sienaivana@gmail.com