Sempre più spesso si lavora in contesti in
cui vengono costituiti dei veri e propri gruppi di lavoro (o team) per portare
a termine specifici progetti o attività. La capacità di lavorare in gruppo
diventa pertanto un requisito indispensabile per tutti coloro i quali si
muovono nell’attuale mercato del lavoro.
Le moderne organizzazioni, infatti, puntano
molto sul lavoro di gruppo come strategia per ottenere migliori risultati
derivanti dai talenti collettivi del team, dalla capacità dei membri di
sostenersi l’un l’altro per superare i momenti difficili, dalla possibilità di
moltiplicare le opzioni grazie alla creatività che deriva dal confronto di
idee.
L’abilità di team-working diventa quindi un
requisito richiesto dalle aziende che selezionano personale, ma non solo.
Partendo dal presupposto che in tutti i luoghi di lavoro, o quasi, è necessario
interfacciarsi con altre persone per portare avanti la propria attività, appare
chiaro come dotarsi di tale capacità possa portare a vivere meglio l’ambiente
lavorativo e a migliorare il proprio livello di performance.
Le caratteristiche che definiscono un team
rispetto ad altri tipi di gruppo sono sostanzialmente:
v la
condivisione degli obiettivi
v l’interdipendenza
e la collaborazione fra i membri
v il
senso di appartenenza al gruppo
v la
presenza di ruoli definiti
Per potersi considerare membri efficaci di un
gruppo di lavoro è necessario, quindi, non solo possedere le conoscenze e
capacità richieste dall’attività specifica del gruppo, ma anche tutta una serie
di competenze più specificatamente comunicativo-relazionali che rendano
possibile un’interazione proficua e costruttiva con gli altri membri.
In tale ottica diventa fondamentale il
concetto di team-building, cioè quell’insieme di attività volte a trasformare
un gruppo di persone in un team di lavoro vincente.
A fare le cose non sono le procedure ma chi
le esegue.
Le politiche sul personale sono pertanto il
fattore strategico principale da tenere in considerazione per assicurare il
successo delle attività.
Oggi sempre più spesso ai lavoratori è
richiesto di saper lavorare in gruppo, la cosiddetta abilità di team-working.
Una competenza trasversale che, essendo di grande importanza nei contesti
organizzativi modernamente strutturati, viene valutata anche in fase di
selezione delle risorse umane.
Ma cosa vuol dire esattamente lavorare in
gruppo?
Innanzitutto cerchiamo di capire cosa si deve
intendere per gruppo. Kurt Lewin (1948) definiva il gruppo “un insieme
dinamico, costituito da individui che si percepiscono vicendevolmente come più
o meno interdipendenti per qualche aspetto”.
Partendo dai concetti della teoria della
Gestalt e dall’osservazione che le persone nei gruppi si comportano in maniera
diversa da come si comportano individualmente, Lewin ha coniato il termine
dinamica di gruppo. La dinamica di gruppo viene definita come un processo che
genera forze psicologiche e che ha una forte influenza sul comportamento.
Lo spazio vitale comprende persone e ambiente
come un unico campo dinamico, in cui ogni individuo viene modificato
dall’ambiente e lo modifica a sua volta. Il concetto di campo si riferisce a un
sistema globale di forze in movimento, le cui leggi non dipendono tanto dagli
elementi presenti nel campo stesso, quanto piuttosto dalle loro relazioni.
In base ai fattori chiave che vengono
maggiormente posti in luce e al livello di coesione presente, possiamo
distinguere diversi tipi di gruppi: sono un gruppo le persone che stanno
aspettando l’autobus o dei ragazzini che giocano, la famiglia, la squadra di
calcio, gli abitanti di un quartiere, gli esercenti una certa professione, gli
appartenenti a una nazione o a una etnia.
Il gruppo esiste quando gli individui
divengono consapevoli che in qualche modo il loro destino è collegato a quello
del gruppo stesso (“interdipendenza del destino”, Lewin) e non è riducibile
alla somma degli individui che lo compongono.
Nel gruppo di lavoro oltre alla
interdipendenza del destino emerge un altro aspetto caratterizzante che si può
definire “interdipendenza del compito”. I gruppi di lavoro, infatti, nascono
perché c’è un obiettivo da raggiungere, un compito da assolvere, tale che i
risultati di ciascun membro hanno implicazioni per i risultati degli altri.
Questa interdipendenza sarà tanto più positiva quanto più sarà in grado di far
emergere sentimenti di cooperazione e coesione tra i membri, favorendo una migliore
prestazione del gruppo. Assumerà invece una connotazione negativa quando
prevarrà la competizione.
Cooperando infatti i membri del gruppo
coordinano i loro sforzi, si suddividono i compiti, si attivano per raggiungere
l’obiettivo comune prestando attenzione ai colleghi e comprendendo le
reciproche necessità e i reciproci punti di vista, lavorano in un clima
amichevole e tutto questo genera un livello superiore di performance.
Ma vediamo quali caratteristiche occorrono
per essere dei buoni membri per un team di lavoro. Oltre alle conoscenze e alle
abilità che garantiscono l’apporto in termini di contenuti e che sono comunque
fondamentali, per lavorare bene in team servono quelle competenze sociali e
personali (soft skills) che consentono di interagire proficuamente con gli
altri membri del gruppo al fine di raggiungere l’obiettivo comune, come ad
esempio:
v Capacità
di ascolto attivo
v Comprensione
ed empatia
v Capacità
di dimostrare sincero interesse
v Attenzione
ai particolari
v Capacità
di riconoscere i propri errori
v Capacità
di negoziazione e mediazione nei conflitti
v Capacità
di comunicare attraverso un linguaggio comune (specie nei team
multidisciplinari)
v Disponibilità
a porre l’obiettivo del gruppo al di sopra dei propri obiettivi personali.
Anche se non ci è mai capitato di cimentarci
con un lavoro di gruppo a livello professionale, per comprendere quali di
queste competenze possediamo o quali potremmo migliorare ci basterà analizzare
situazioni che facilmente fanno parte del bagaglio di esperienza di ognuno di
noi come ad esempio praticare uno sport di squadra o lavorare a un progetto
universitario. Persino organizzare una vacanza o una festa con i nostri amici.
Insomma, tutte quelle situazioni che sono caratterizzate da un obiettivo comune
che dev’essere raggiunto in un tempo stabilito e dove sia necessario assegnare
dei ruoli o degli incarichi a tutti i membri del gruppo.
Potremo focalizzare l’attenzione sugli
aspetti di quest’esperienza che hanno condotto a un buon risultato e su quelli
che invece avrebbero potuto essere gestiti meglio, sul nostro ruolo all’interno
del gruppo e su come abbiamo agito o ci siamo sentiti nel ricoprirlo, su come
sono state superate situazioni problematiche o di conflitto.
Questo esercizio di riflessione ci può
portare a scoprire quali doti possediamo e potremmo mettere in campo per creare
valore aggiunto in un team di lavoro e quali invece dovremmo curare
maggiormente perché allo stato attuale potrebbero esserci da ostacolo o
comunque non consentirci di dare il nostro meglio in questo tipo di attività.
Da qualche anno stanno prendendo sempre più
piede in Italia metodologie di formazione non convenzionale che mettono
l’esperienza al centro del processo di apprendimento con lo scopo di facilitare
la trasferibilità nella propria realtà lavorativa dei comportamenti appresi
nelle situazioni proposte dai trainer.
Si tratta della formazione esperienziale e
outdoor che vuole approfondire il modo di essere e di relazionarsi delle
persone nei contesti organizzativi. Lo specifico campo d’azione di questo tipo
di formazione comprende l’analisi delle dimensioni socioaffettive legate ai
rapporti interpersonali sul lavoro, la gestione dei conflitti, il senso e i
significati che ogni persona attribuisce al contesto di appartenenza. Da
qualche tempo, comprende anche l’opportunità di lavorare sullo sviluppo di
qualità personali e sulla creazione di stati di benessere individuale e
organizzativo.
Attraverso role play, business game,
simulazioni e, nel caso della formazione outdoor, anche attraverso lo svolgimento
di prove pratiche e attività fuori dall’aula, in contesti naturali, i
partecipanti vengono coinvolti in attività dal taglio estremamente concreto,
divertenti, creative e coinvolgenti in cui il gruppo di formazione diventa una
sorta di laboratorio per la ricerca, l’osservazione, l’approfondimento e la
condivisione di relazioni, comunicazioni, emozioni e vissuti tra le persone.
Il principio guida è l’apprendimento in
azione e attraverso l’azione e l’analisi dell’attività svolta (debriefing)
consentirà poi di uscire dalla metafora e focalizzarsi su come ciò che è emerso
in questo contesto esperienziale possa trovare applicazione nella vita
lavorativa di ogni giorno.
Possiamo quindi ben comprendere come questo
possa rivelarsi utile in particolare per le attività di team working e di team
building che si basano proprio sulla promozione della coesione e
dell’affiatamento tra i membri di un gruppo di lavoro.
di DOTT.SSA LAURA CAMINITI
http://www.psicologiaok.com/517/lavorare-in-gruppo-lunione-che-fa-la-forza
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